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A fronte di una crescente interconnessione digitale, l’Unione Europea si trova in una situazione di dipendenza critica: secondo Cigref, l’80% (ossia 265 miliardi di euro) della spesa europea per software e servizi cloud professionali va a società americane.

Questo squilibrio testimonia una perdita di controllo su strumenti ormai essenziali per l’autonomia strategica, la stabilità economica e la sicurezza nazionale. Come ci ricorda il lancio recente dell’Osservatorio della Sovranità Digitale, questa tematica è oggi centrale nell’agenda politica francese. È giunto quindi il momento di andare oltre le semplici parole: ciò che serve ora è la capacità di agire. E questo significa mettere in sicurezza lo scambio di dati, padroneggiare le tecnologie di crittografia, sviluppare infrastrutture certificate e affermare una governance collettiva sui dati. Dunque, di fronte all’aumento delle tensioni geopolitiche che stanno frammentando il mondo e alla complessità delle minacce digitali, diventa vitale fare di questi requisiti un elemento centrale di tutte le decisioni in materia di innovazione, regolamentazione e governance. Al di là dei framework tecnici e delle normative, dobbiamo sviluppare una cultura della sovranità digitale, basata su una visione condivisa tra governi, attori economici e cittadini.

 

I pericoli di una sovranità tecnologica carente

Con sovranità digitale si intende la capacità di uno Stato o di un’entità di controllare la propria infrastruttura tecnologica, monitorare i propri dati, sviluppare soluzioni digitali proprie e garantire che le pratiche operative siano conformi alle varie normative. I Paesi che non scelgono esplicitamente di perseguire tale sovranità diventano dipendenti da attori tecnologici stranieri, limitando la propria autonomia strategica, frenando l’innovazione locale e rendendosi potenzialmente soggetti a spionaggio o persino ingerenze.

Oggi l’Europa è eccessivamente dipendente dalle tecnologie straniere. Ciò espone le infrastrutture critiche europee a interruzioni o a spettacolari aumenti dei costi (fino al 4.000% per certi componenti, come osservato negli ultimi anni). Questa fragilità è accentuata dalla nostra dipendenza da materie prime, inclusi i componenti e la relativa catena del valore.

I rischi legati alla cybersicurezza sono forieri di ulteriori preoccupazioni. I dati delle imprese europee – siano essi militari, industriali, commerciali o politici – risultano esposti a leggi straniere come il Cloud Act americano. In settori sensibili come difesa, energia e industria, queste minacce compromettono sicurezza, competitività e autonomia strategica. Queste constatazioni sottolineano l’urgenza di rafforzare la sovranità digitale europea, che è ormai una questione centrale.

 

Le risposte europee a questa situazione

Per affrontare le sfide della sovranità digitale, l’Europa ha intrapreso una strategia strutturata basata su diverse aree di azione complementari.

Dal punto di vista normativo, quadri regolatori come il GDPR, il Cyber Resilience Act e l’EUCC (European Cybersecurity Certification Scheme) stanno ponendo le basi per un’economia digitale sovrana in linea con gli standard europei. L’obiettivo di tali normative è stabilire regole chiare che proteggano gli individui e forniscano modelli di riferimento agli operatori economici.

La cooperazione tra Stati membri costituisce il fondamento essenziale per un’azione coordinata su scala continentale, che include la condivisione di informazioni, lo sviluppo di standard comuni e il miglioramento delle capacità di risposta agli incidenti. Inoltre, la ricerca e lo sviluppo beneficiano di finanziamenti mirati, con l’obiettivo di accelerare l’innovazione sovrana in settori chiave come la cybersicurezza, il cloud, il calcolo quantistico e l’intelligenza artificiale (IA). Per consolidare la posizione dell’Unione Europea sulla scena mondiale e sostenere la ricerca e l’innovazione in Europa, la Commissione Europea sta stanziando oltre 7,3 miliardi di euro nell’ambito del programma Horizon Europe 2025, di cui 1,6 miliardi destinati allo sviluppo dell’IA.

Parallelamente, l’UE sostiene lo sviluppo di soluzioni europee di cybersicurezza. Ma, nonostante i ricorrenti discorsi sulla necessità di creare “campioni europei”, l’attuazione pratica continua a incontrare difficoltà. Ad esempio, secondo un barometro Ipsos e Yousign, il 78% dei decisori riconosce l’importanza di soluzioni tecnologiche locali, eppure solo il 32% considera questo fattore una priorità nelle proprie decisioni di investimento. Forse occorrono misure più incisive: dovremmo arrivare a introdurre una preferenza per le soluzioni europee negli appalti pubblici? Bisognerebbe considerare un contingentamento per incoraggiare l’uso di tecnologie dell’ecosistema europeo?

 

Mitigare i rischi facendo scelte sovrane e consapevoli

In altre parole, come possiamo passare da discorsi carichi di buone intenzioni sulla strategia europea a una sovranità digitale realmente tangibile? Dovrebbe esserci l’obbligo di usare tecnologie europee?

Agli attori economici e istituzionali si chiede oggi di fare scelte sovrane per mantenere il controllo sui propri dati. Devono assicurarsi che prodotti e servizi siano conformi ai requisiti europei, scegliendo al tempo stesso in modo informato le soluzioni, con piena consapevolezza dei rischi geopolitici e tecnologici implicati. È sensato effettuare un bilanciamento consapevole tra questioni geopolitiche, di sicurezza e strategiche. Tuttavia, la questione dei limiti potenziali di una gerarchizzazione dei criteri di sicurezza, origine e interoperabilità deve essere attentamente esaminata. È fondamentale stabilire se un criterio debba prevalere sempre sugli altri, oppure se un approccio meno severo, guidato dalla situazione specifica e dagli obiettivi, sia più adeguato. Ad esempio, in alcuni casi la sicurezza potrebbe essere la priorità assoluta, mentre in altri potrebbero prevalere la tracciabilità dell’origine o una fluida interoperabilità. Queste interazioni complesse vanno esaminate a fondo per evitare le insidie di una gerarchia troppo rigida, che potrebbe compromettere l’efficacia complessiva del sistema o del servizio in questione.

In un panorama digitale segnato da instabilità e crescenti minacce, l’uso di prodotti qualificati da un’autorità nazionale europea di cybersicurezza, come l’ANSSI in Francia, contribuisce a porre solide basi di fiducia e sicurezza. Una qualificazione di questo tipo si basa su un rigoroso processo di valutazione multidimensionale, che include un audit completo del codice sorgente per verificare la qualità del processo di sviluppo, individuare eventuali vulnerabilità e assicurare la conformità alle buone pratiche. Sono previste anche verifiche specifiche per assicurarsi che non vi siano backdoor. Non devono esserci funzioni nascoste che consentano accessi non autorizzati al sistema – condizione essenziale per garantire la riservatezza, la fiducia nella soluzione e evitare il rischio di spionaggio.

Vengono inoltre condotti test di robustezza per valutare la resistenza del prodotto ad attacchi simulati o condizioni estreme, assicurandosi che sia in grado di fronteggiare minacce reali. Infine, l’intera catena di produzione, dalla progettazione agli aggiornamenti, è rigidamente controllata per garantire che la sicurezza sia mantenuta durante tutto il ciclo di vita del prodotto.

Per gli attori europei è imperativo rafforzare l’uso di partenariati tecnologici (co-sviluppo, licenze, fusioni e acquisizioni) e investire massicciamente tramite il sostegno a università e start-up. La formazione e la fidelizzazione dei talenti digitali (ingegneri, esperti) sono anch’esse di vitale importanza, tramite programmi adeguati e stipendi competitivi. Infine, la protezione dei valori e degli standard normativi (protezione dei dati, etica dell’IA) offre un modello “in stile europeo” e un vantaggio competitivo.

In definitiva, di fronte all’aumento delle tensioni geopolitiche e alla complessità delle minacce digitali, è sempre più essenziale fare della sovranità un elemento centrale di tutte le decisioni in materia di innovazione, regolamentazione e governance. Di fronte alla crescente dipendenza tecnologica e alla natura extraterritoriale di certe leggi straniere, lo sviluppo della sovranità digitale richiede azioni concrete: dal controllo sulla crittografia alla supervisione dello scambio di dati secondo la legge e al sostegno per infrastrutture europee certificate. In quest’ottica, i progressi della cybersicurezza europea potrebbero basarsi su un legame più stretto con il settore della difesa, dove la crescente sinergia tra usi civili e militari potrebbe potenzialmente offrire l’opportunità di consolidare una base industriale sovrana.

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Informazioni sull'autore
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Pierre-Yves Hentzen Chief Executive Officer, Stormshield

La carriera di Pierre-Yves, caratterizzata da competenze finanziarie, manageriali e imprenditoriali, è iniziata nel 1989. Entrato in Arkoon nel 2001 come Direttore amministrativo e finanziario e membro del Consiglio di Amministrazione, Pierre-Yves ha mantenuto questa posizione durante la fusione Arkoon-Netasq nel 2013. Dopo essere stato nominato Vice CEO nel 2015, ha assunto la carica di Presidente di Stormshield nel 2017.